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Great Resignation: cos’è e come contrastare un fenomeno sempre più diffuso

Great Resignation: cos'è e come contrastare un fenomeno sempre più diffuso | Qipo
11 Giugno 2025

In questo articolo si parla di…

  • La Great Resignation non è un fenomeno isolato legato alla pandemia, ma il segnale di un cambiamento profondo e duraturo nel modo in cui le persone vivono il lavoro. La pandemia ha solo accelerato una presa di coscienza collettiva: il lavoro non è più il centro assoluto della vita, ma uno dei tanti elementi da equilibrare con benessere personale, gratificazione e tempo libero.
  • Le aziende che vogliono contrastare l’ondata di dimissioni devono adottare una flessibilità reale, che vada oltre gli orari personalizzati. Serve una flessibilità culturale e organizzativa, capace di responsabilizzare i lavoratori e favorire l’autonomia. Un’organizzazione che sa offrire fiducia, ascolto e strumenti per conciliare lavoro e vita privata non solo riduce il turnover, ma aumenta la produttività.
  • Contrastare la Great Resignation richiede un approccio integrato che mette al centro le persone: ascolto continuo e strutturato dei dipendenti, percorsi di crescita professionale personalizzati e una nuova visione del welfare aziendale. Non basta più un buon salario: le persone cercano ambienti di lavoro stimolanti, benefit personalizzati, spazi fisici e digitali accoglienti e strumenti tecnologici all’altezza.

Tra smart working, burnout e desiderio di equilibrio, il lavoro come lo conoscevamo sta lasciando spazio a nuove esigenze e modelli organizzativi più umani

Ti sei mai chiesto perché, dopo la tempesta pandemica, sempre più persone hanno deciso di dire addio al posto fisso?

Non è solo una questione di stipendio, è un vero e proprio terremoto che ha scosso le fondamenta del mondo del lavoro, un fenomeno che ha preso il nome di “Great Resignation”.

La Great Resignation è come un fiume carsico, silenzioso ma inesorabile, che erode le fondamenta del mercato del lavoro tradizionale: un flusso sotterraneo di dimissioni volontarie che sta ridisegnando le regole del gioco. E se pensi che sia un problema ormai lontano, ti sbagli di grosso.

Questo esodo di massa non è un capriccio passeggero, ma il sintomo di una profonda presa di coscienza. Non si tratta solo di numeri impressionanti, ma di persone, storie, vite che hanno rimesso in discussione le proprie priorità. Dietro ogni dimissione c’è una riflessione profonda, un bilancio esistenziale, un nuovo modo di intendere la propria vita professionale.

La pandemia, come un fulmine a ciel sereno, ha illuminato ciò che conta davvero: il valore del tempo libero, la consapevolezza che il lavoro è una parte della vita, non la vita stessa.

Lo stipendio non è più l’unica cosa che conta, ma si affiancano prepotenti il benessere mentale e fisico, la gratificazione personale, la soddisfazione profonda. Le aziende si sono mosse, si stanno adattando, ma la strada per ridurre il turnover, per far sì che ogni dipendente varchi la soglia dell’ufficio con il sorriso, è ancora lunga e richiede un cambio di passo. Ma vediamo più nel concreto in cosa consiste questo grande cambiamento.

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Le radici della Grande Fuga: perché le persone si dimettono?

Ma cosa spinge le persone a questo passo così radicale? Quali sono le molle che innescano questa reazione a catena di dimissioni? Le cause sono molteplici e intrecciate tra loro, come i fili di un tappeto persiano.

Innanzitutto, c’è una riconsiderazione delle priorità. Il lockdown, lo smart working forzato, il tempo sospeso ci hanno dato l’opportunità di fermarci e riflettere. Abbiamo avuto più tempo per noi stessi, per le nostre famiglie, per capire cosa ci rende davvero felici. E molti hanno realizzato che il lavoro, così come lo conoscevano, non rispecchiava più le loro nuove esigenze, i loro valori ritrovati.

Poi ci sono le condizioni di lavoro. In alcuni settori, soprattutto quelli in prima linea durante la pandemia, come la sanità, la ristorazione, il retail, le persone si sono sentite sotto pressione, poco valorizzate, con stipendi non adeguati allo sforzo richiesto. È come chiedere a un atleta di correre una maratona senza dargli acqua e ristoro: prima o poi crollerà. E molti lavoratori, esausti e demotivati, hanno scelto di cambiare strada, di cercare un ambiente più umano, inclusivo e gratificante.

La crescita del lavoro agile ha giocato un ruolo fondamentale. Lo smart working, da eccezione a regola, ha aperto nuove prospettive. Molti hanno scoperto di poter lavorare da casa, risparmiando tempo e denaro, conciliando meglio vita privata e professionale. E questo ha ampliato gli orizzonti: se posso lavorare ovunque, perché non cercare un’azienda che mi offra condizioni migliori, magari anche in un’altra città o regione?

Non dimentichiamo il risparmio accumulato durante i lockdown. Meno spese per viaggi, ristoranti, svaghi ci hanno permesso di mettere da parte un gruzzoletto. Un cuscinetto finanziario che ha dato a molti la libertà di prendersi una pausa, di cambiare lavoro senza l’ansia di restare senza stipendio. È come avere un paracadute: ci si sente più sicuri a lanciarsi verso nuove avventure.

Infine, c’è la rivalutazione della sicurezza del lavoro. La pandemia ha creato incertezza, paura per il futuro. E alcuni hanno cercato impieghi più stabili, in settori meno esposti alle crisi, con prospettive di carriera più solide. È come costruire la propria casa su fondamenta più robuste, per resistere alle tempeste.

Una dipendente coi capelli rossi e gli occhiali in ufficio stressata e scontenta | Qipo

Orari flessibili: più produttività, meno stress

Ma ora veniamo al punto fondamentale: come possiamo, come aziende, contrastare questo fenomeno? Come possiamo trasformare questa “grande dimissione” in una “grande opportunità”?

La risposta è una sola parola: flessibilità. Sì, hai capito bene, la flessibilità l’elisir di lunga vita per le aziende nell’era della Great Resignation. E non intendo solo orari flessibili, ma una flessibilità mentale, culturale, organizzativa.

Spesso si pensa alla flessibilità come a una concessione, un “contentino” per i dipendenti. Niente di più sbagliato! La flessibilità non è un costo, ma un investimento.

Un investimento nella produttività, nell’organizzazione, nel benessere dei tuoi collaboratori. Anzi, ti dirò di più: gli orari flessibili non solo non compromettono la produttività e l’organizzazione, ma possono addirittura incrementarle! Sembra un paradosso, vero? Eppure è la verità.

Pensa a questo: un dipendente che può gestire il proprio tempo, che può conciliare impegni personali e professionali, è un dipendente più sereno, più motivato, più concentrato. È come un motore ben oliato, che gira alla perfezione. Al contrario, un dipendente stressato, frustrato, incatenato a orari rigidi, è come un motore ingolfato, che rende a fatica e rischia di bloccarsi da un momento all’altro.

La flessibilità non è sinonimo di anarchia, di caos organizzativo. Anzi, se ben gestita, può portare a una maggiore organizzazione e a una produttività più elevata.

Come? Semplice: dando fiducia ai tuoi collaboratori, responsabilizzandoli, permettendo loro di organizzare il lavoro in base alle proprie esigenze e ai propri ritmi.

Tre giovani dipendenti sereni dialogano in ufficio | Qipo

Come arginare l’ondata della Great Resignation?

Ma come si costruisce, in pratica, un baluardo contro l’ondata di dimissioni?

Le aziende devono adottare un approccio olistico e proattivo, che metta al centro le persone e le loro esigenze. Il primo passo fondamentale è l’ascolto sistematico e strutturato dei dipendenti.

Non si tratta solo di “porte aperte”, ma di implementare veri e propri sistemi di “Voice of Employee” (VOE) che raccolgano feedback continui e significativi.

Questionari anonimi, focus group mirati, colloqui individuali, e persino interviste di uscita per chi lascia l’azienda, diventano strumenti preziosi per capire cosa funziona e cosa no, dove si annidano insoddisfazioni e quali sono le aspettative inascoltate.

Parallelamente, è cruciale investire massicciamente nella crescita personale e professionale dei dipendenti. Offrire percorsi di formazione continua, aggiornamento delle competenze, mentorship, e opportunità di sviluppo di nuove skill. Non solo corsi standardizzati, ma piani di crescita personalizzati, progetti sfidanti che stimolino l’ingegno e la creatività, nuovi ruoli che permettano di mettersi alla prova e sentirsi valorizzati.

Sul fronte della retribuzione e dei benefit, è tempo di superare la logica del solo stipendio. Politiche di compensation competitive, welfare aziendale, premi legati alla performance e al raggiungimento di obiettivi, ma anche un pacchetto di benefit attraente e personalizzabile: assicurazione sanitaria estesa alla famiglia, piani pensionistici integrativi, asili nido aziendali, servizi di concierge, palestre in ufficio, o voucher per il benessere.

Anche l’ambiente di lavoro gioca un ruolo chiave: uffici confortevoli, ergonomici, ben illuminati e aerati, ma anche un ambiente digitale efficiente e collaborativo per chi lavora da remoto, con strumenti tecnologici all’avanguardia e una comunicazione interna fluida e trasparente.

Solo così, creando un ecosistema aziendale che ascolta, valorizza, supporta e stimola i propri dipendenti, si può sperare di invertire la rotta e trasformare la Great Resignation in una Great Retention.

Leggi anche: Generazione Z e lavoro: flessibilità e benessere mentale al centro del nuovo paradigma professionale

Trasforma la Great Resignation in Great Retention

La Great Resignation non è una minaccia, ma una chiamata al cambiamento. Un invito a ripensare il modo in cui organizziamo il lavoro, a mettere al centro le persone, le loro esigenze, il loro benessere.

E se ti dicessi che esiste uno strumento capace di tradurre in realtà queste strategie, di trasformare la teoria in pratica?

La risposta è Qipo, la soluzione digitale pensata per mettere il benessere del tuo team al centro e, di conseguenza, fidelizzare i talenti e incrementare la produttività.

Qipo armonizza la gestione del personale, eliminando attriti e inefficienze. Grazie a funzionalità intuitive e complete, semplifica la gestione del tempo: rilevamento presenze flessibile (app, QR code, GPS), pianificazione turni chiara e trasparente, digitalizzazione di ferie, permessi e malattie.

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Il risultato? Un team più sereno, soddisfatto, motivato e, naturalmente, più produttivo.

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Great Resignation: Domande & Risposte

Che cos’è la Great Resignation?

La Great Resignation è un fenomeno che indica l’aumento significativo di dimissioni volontarie da parte dei lavoratori, iniziato durante la pandemia. È il risultato di una nuova consapevolezza che spinge le persone a riconsiderare le proprie priorità, alla ricerca di un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, gratificazione personale e benessere mentale.

Quali sono le principali cause della Great Resignation?

Le cause della Great Resignation sono molteplici: il desiderio di un lavoro più flessibile, condizioni lavorative non soddisfacenti, burnout, mancanza di riconoscimento, risparmio accumulato durante il lockdown e la ricerca di maggiore stabilità e senso nella propria carriera.

Come possono le aziende contrastare la Great Resignation?

Le aziende possono arginare il fenomeno ascoltando attivamente i dipendenti, promuovendo la flessibilità organizzativa, investendo nella crescita personale e professionale e offrendo un pacchetto di benefit realmente personalizzato. Strumenti digitali come Qipo possono facilitare questa trasformazione, migliorando la trasparenza, l’efficienza e il benessere interno.