Come la nuova Direttiva UE sta ridisegnando l’equità retributiva

In questo articolo si parla di:
- Come la nuova direttiva UE sulla trasparenza retributiva mira a smantellare il divario salariale di genere.
- Quali obblighi specifici introduce per le aziende e quali nuovi diritti garantisce a te come lavoratore o candidato.
- L’impatto strategico di queste normative sul mercato del lavoro e sulla cultura aziendale, verso una maggiore equità.
L’Unione Europea intende rafforzare la parità retributiva, garantendo accesso alle informazioni, strumenti legali e maggiore responsabilità per le imprese
L’aspirazione a un contesto lavorativo dove il compenso sia commisurato al valore apportato, scevro da disparità di genere e fondato su criteri trasparenti e oggettivi, cessa di essere una mera utopia.
L’Unione Europea ha impresso una svolta decisiva con l’adozione della Direttiva sulla Trasparenza Retributiva, un intervento legislativo di portata strategica.
Questo provvedimento non si limita a una generica esortazione all’equità, ma introduce meccanismi concreti destinati a scardinare dinamiche retributive opache e a contrastare i pregiudizi, spesso inconsci, che ne minano la correttezza.
Stiamo per analizzare in profondità come questa normativa sia destinata a trasformare le prassi aziendali e a incidere concretamente sulla tua carriera e sulle dinamiche delle organizzazioni in cui operi o opererai.
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Perché abbiamo bisogno di trasparenza retributiva? Il contesto europeo
Per decenni, il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore è stato un faro nelle politiche europee, sancito sin dall’articolo 157 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Tuttavia, la sua piena attuazione è rimasta una sfida complessa.
Uno degli ostacoli più significativi?
La mancanza di trasparenza.
Come puoi, infatti, contestare una disparità se non hai gli strumenti per rilevarla?
Nel 2020, il divario retributivo di genere medio nell’UE si attestava ancora intorno al 13%, una cifra che si traduce in un impatto a lungo termine sulla qualità della vita delle donne, esponendole a un maggior rischio di povertà e perpetuando un divario pensionistico che nel 2018 sfiorava il 30%.
La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente acuito queste disuguaglianze, evidenziando come le donne si siano fatte carico di una quota sproporzionata delle responsabilità di cura.
È in questo scenario, denso di urgenze sociali ed economiche, che la trasparenza emerge sempre più come una necessità per costruire un futuro più equo.
Il Gender Equality Index 2024 dell’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere assegna all’Unione Europea un punteggio di 71 su 100, segnando un piccolo progresso rispetto all’anno precedente. I dati, riferiti principalmente al 2022, mostrano che le disparità tra Paesi si stanno riducendo, anche se in modo lento.
Svezia, Danimarca e Paesi Bassi guidano la classifica, mentre Romania e Ungheria restano in coda.

La Direttiva Europea sulla trasparenza: una svolta decisiva
Adottata dal Consiglio il 24 aprile 2023, questa direttiva non è una semplice raccomandazione, ma un corpus di norme vincolanti che mirano a combattere la discriminazione retributiva e a colmare attivamente il divario di genere.
Il suo approccio è multiforme e incisivo, introducendo obblighi chiari per le imprese e nuovi, potenti diritti per i lavoratori.
L’obiettivo strategico è chiaro: dotarti degli strumenti per far valere il tuo diritto alla parità retributiva, potenziando la trasparenza dei sistemi salariali e rafforzando i meccanismi di applicazione.
Si tratta di una vera e propria architettura normativa pensata per scardinare pregiudizi, spesso inconsci, che possono annidarsi nelle politiche retributive aziendali, valorizzando il lavoro in modo equo e neutro sotto il profilo del genere.
Questa direttiva rappresenta, quindi, un cambio di paradigma, un segnale forte che l’Europa invia per un mercato del lavoro più giusto e competitivo.
Cosa cambia concretamente per te e per le aziende?
La direttiva introduce una serie di misure concrete che avranno un impatto diretto sia sulla tua esperienza come imprenditore, lavoratore o candidato, sia sulle procedure interne delle aziende.
Accesso alle informazioni: il potere della conoscenza
Uno dei pilastri della direttiva è il tuo diritto all’informazione. Se sei in cerca di lavoro, i datori di lavoro saranno tenuti a fornirti informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva prevista per la posizione, direttamente nell’annuncio di lavoro o prima del colloquio.
Sarà loro vietato chiederti informazioni sulle tue retribuzioni passate, una pratica che può perpetuare le disuguaglianze. Una volta assunto, avrai il diritto di richiedere al tuo datore di lavoro informazioni sui livelli retributivi medi, disaggregati per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono il tuo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
Potrai inoltre conoscere i criteri, che devono essere oggettivi e neutri dal punto di vista del genere, utilizzati per determinare la retribuzione e la progressione di carriera. Questo flusso di informazioni ti permette di valutare con maggiore cognizione di causa la tua posizione e, se necessario, di agire.
Obblighi di reporting: numeri che parlano chiaro
La trasparenza non si ferma ai diritti individuali, ma si estende a obblighi di rendicontazione per le aziende.
Le imprese con più di 250 dipendenti dovranno riferire annualmente all’autorità nazionale competente il divario retributivo di genere all’interno della loro organizzazione.
Per le aziende più piccole, con un numero di dipendenti compreso tra 100 e 249, l’obbligo di comunicazione avrà cadenza triennale, mentre quelle con meno di 100 dipendenti saranno esentate da questi specifici report.
Ma cosa succede se emerge un problema?
Se dalla comunicazione dovesse risultare un divario retributivo superiore al 5% non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, le imprese saranno tenute a intervenire, conducendo una valutazione congiunta delle retribuzioni in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.
Accesso alla giustizia: quando le parole non bastano
La direttiva rafforza significativamente anche i meccanismi di tutela. Se hai subito una discriminazione retributiva basata sul genere, potrai ottenere un risarcimento, che include il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus.
Un cambiamento epocale riguarda l’onere della prova: se tradizionalmente spettava a te dimostrare la discriminazione, ora sarà il datore di lavoro a dover provare di non aver violato le norme UE sulla parità di retribuzione e sulla trasparenza.
Le sanzioni per i datori di lavoro inadempienti dovranno essere efficaci, proporzionate e dissuasive, comprendendo anche ammende. Questo non solo facilita l’accesso alla giustizia, ma agisce come un potente deterrente contro comportamenti discriminatori.
Un orizzonte più ampio al di là del genere
Per la prima volta, la direttiva riconosce esplicitamente la complessità della discriminazione, includendo nel suo ambito di applicazione la discriminazione intersezionale.
Questo significa che si terrà conto delle situazioni in cui la disuguaglianza si fonda su una combinazione di molteplici fattori, come il genere intrecciato con l’etnia, l’orientamento sessuale o altre caratteristiche.
Inoltre, vi sono disposizioni specifiche per garantire che si tenga conto delle esigenze delle persone con disabilità, ampliando la portata dell’equità a un livello ancora più inclusivo. Si tratta di un passo avanti fondamentale verso una comprensione più sfumata e completa delle dinamiche discriminatorie nel mondo del lavoro.

Navigare le complessità: dalla proposta all’adozione
Il percorso che ha portato all’adozione di questa direttiva non è stato privo di dibattito. Durante le discussioni in seno al Consiglio, sono state sollevate questioni cruciali riguardanti la proporzionalità delle misure, l’interferenza con i sistemi nazionali, l’aumento degli oneri finanziari e amministrativi, specialmente per le piccole e medie imprese, e la definizione precisa dei mezzi di tutela.
Sono stati compiuti sforzi significativi per bilanciare questi aspetti, introducendo flessibilità per gli Stati membri, esenzioni per le microimprese e chiarendo concetti chiave per assicurare un’applicazione uniforme.
Questo processo dimostra la volontà di creare una normativa robusta ma al contempo pragmatica, capace di adattarsi alle diverse realtà del mercato del lavoro europeo, pur mantenendo fermi gli obiettivi di equità.
Gli Stati membri avranno ora tre anni per recepire la direttiva nella legislazione nazionale, un periodo necessario per la sua effettiva implementazione.
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Verso un futuro più equo – sei pronto a fare la tua parte?
La Direttiva Europea sulla Trasparenza Retributiva non è solo un insieme di regole, bensì è una dichiarazione d’intenti, un impegno verso un futuro in cui il merito e il valore del lavoro sono riconosciuti con equità e trasparenza.
Per te, come professionista, significa avere più strumenti per comprendere, negoziare e, se necessario, difendere i tuoi diritti.
Per le aziende, rappresenta una sfida ma anche un’opportunità strategica per attrarre e trattenere talenti, migliorare la propria reputazione e costruire una cultura organizzativa fondata sulla fiducia e sull’uguaglianza.
Questo cambiamento normativo richiede un adattamento proattivo e informato.
Sei pronto a navigare questa trasformazione e a garantire che la tua organizzazione non solo rispetti la normativa, ma la utilizzi come incentivo per un miglioramento continuo?
Scopri come Qipo può supportarti nell’implementare le nuove direttive, trasformando un obbligo di legge in un vantaggio competitivo.
Come la nuova Direttiva UE sta ridisegnando l’equità retributiva: FAQ – Domande Frequenti
Quando entreranno in vigore queste nuove norme per le aziende nel mio Paese?
La direttiva è stata adottata ad aprile 2023. Gli Stati membri dell’UE hanno tre anni da quella data per recepirla nella propria legislazione nazionale. Quindi, dovrai monitorare l’iter legislativo specifico del tuo Paese per conoscere la data esatta di applicazione.
Cosa succede se la mia azienda ha meno di 100 dipendenti? È comunque interessata?
Le aziende con meno di 100 dipendenti sono esentate dagli obblighi specifici di reporting periodico sul divario retributivo. Tuttavia, i principi di trasparenza pre-assunzione (informazioni sulla retribuzione negli annunci o prima del colloquio) e il diritto dei lavoratori di richiedere informazioni sulla retribuzione media per ruoli comparabili si applicano indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda.
Come si determina se un lavoro è “di pari valore” per confrontare le retribuzioni?
La direttiva si basa su criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere per valutare se i lavori sono di pari valore. Questi criteri includono le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro. Gli Stati membri e le aziende dovranno sviluppare o utilizzare sistemi di valutazione e classificazione delle mansioni che siano trasparenti e non discriminatori.
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